venerdì, dicembre 12, 2008

L’attesa

Il fondo limaccioso del suo nascondiglio tra le frasche cominciava a trasmettergli un invadente sensazione di malessere alle ossa. Doveva essere accucciato lì ai bordi della radura da almeno tre ore. Si era imposto di non muoversi, neppure per guardare l’orologio, ma lo intuiva: erano molti i minuti trascorsi ad ammirare la calma piatta della natura in attesa che succedesse quell’improbabile evento meritevole di uno scatto.

Tentò di bagnarsi la gola secca per il freddo con un silenzioso gargarismo: poi sputò sulla foglia per trastullarsi un attimo con i movimenti della sua saliva sulla foglia. Era il solo modo che riusciva a immaginare per distrarsi dal campo, vasto e immobile, su cui aveva deciso di puntare il teleobiettivo quella mattina. “E dire – pensò – che qualcuno, in questo momento, starà sicuramente sfogliando una rivista patinata sul treno, invidiando l’uomo che ha visto dal vero le corna di quei due cervi incrociarsi nella foga del combattimento”.

Lo immaginavano come Indiana Jones e invece era lì, solo, in attesa, senza certezze. Si sentiva come il protagonista del Deserto dei Tartari: una vita votata al nulla in attesa di qualcosa. Si sentì anche un po’ colpevole: le sue lunghe attese non costruivano altro che bugie. Le sue foto disegnavano una storia a tinte forti attorno a pochi sporadici incroci di destino. Raccontava il contrario, ma la natura era avara di colpi di scena.

“Avrebbe potuto fare di meglio?” si chiese. Forse. Ma forse chi si accaniva a seguire i fatti o provocarne di nuovi stava ancora a peggio: a lui era negata la possibilità di cogliere anche quei pochi eventi rari che ogni tanto succedevano davvero.

Sputò di nuovo. Ignorò la sua saliva e tornò con l’occhio verso il mirino.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

le tue divagazioni mi preoccupano un po'. O ti poni troppe domande esistenziali o sei in gestazione di uno scritto meritevole dell'attenzione della critica e del pubblico. Le due cose possono andare insieme. Comunque non smettere di farti qualche bevuta e due risate con gli amici per accompagnere piacevolmente le riflessioni esistenziali

silviomini ha detto...

L'"esistenzialismo" degli ultimi post deve essere figlio delle ultime settimane di solipsismo: tra prassi lavorativa, progetti 2009 e procedure di concorso ho compresso al minimo ogni forma di socialità, trascorrendo più tempo con tastiere e libri che con persone e bottiglie di vino.

Tra poco tutto sarà finito e sarò lieto di tuffarmi nelle tavolate spensierate che mi mancano da morire, assieme alle mie passeggiate tra i burberi montanari dell'appennino.

A Natale tornerò nel mio mondo e sicuramente anche il blog tornerà a essere luogo di persone anziché di idee. Direi che desidero quasi in modo smanioso una sana iniezione di acritico, gaudente e rumoroso vitalismo!